Pazzi sì ma per scelta, questo il “messaggio” di Carlo Cecchi in Enrico IV al Teatro Franco Parenti e in un’intervista a Repubblica.it racconta come ha rivisitato il testo pirandelliano.
I biglietti per vedere Carlo Cecchi in Enrico IV al Teatro Franco Parenti scontati del 42% per le repliche del 17 e 18 novembre su https://www.alpostomio.com/it/ticket/292 e https://www.alpostomio.com/it/ticket/293
L’intervista di Laura Putti a Carlo Cecchi in Enrico IV su
https://www.repubblica.it/spettacoli/teatro-danza/2017/11/01/news/carlo_cecchi_e_enrico_iv_la_vita_meglio_fingersi_folli_-179949354/
C’è, tra Carlo Cecchi e il teatro di Pirandello, un rapporto figlio-padre. Il figlio contesta i modi del padre, quel suo linguaggio antiquato, la compiaciuta, ridondante verbosità. Ma neanche per un attimo ne discute l’autorità. Per la terza volta Cecchi mette in scena Pirandello, e per la terza volta ne scrive un adattamento. La prima, nel ’76, fu L’uomo, la bestia e la virtù; poi, nel 2000, i Sei personaggi in cerca d’autore; ora è la volta di Enrico IV. Prodotto da Marche Teatro, lo spettacolo debutterà il 4 ad Ancona (fino al 12), dal 16 al 26 sarà al Franco Parenti di Milano, poi Palermo, Firenze, Bologna e altre città fino a Torino dove la prima tournée si concluderà il 25 febbraio. Carlo Cecchi è Enrico IV, imperatore di Germania. O meglio, è un signore del quale non sapremo mai il nome che, caduto da cavallo durante una rievocazione storica in costume nella quale impersonava Enrico IV, ha una commozione cerebrale, perde la ragione e si crede davvero imperatore. Tutti attorno a lui devono assecondarlo, finché un giorno il sovrano rivela ai suoi servitori di aver ritrovato il senno. Improvvisamente capisce le trame segrete che avevano provocato l’incidente dodici anni prima: fu il barone Belcredi a disarcionarlo perché anche lui innamorato della marchesa Matilde, la quale cavalcava accanto a Enrico IV nelle vesti di Matilde di Toscana. E un bel un giorno Matilde, Belcredi, la loro figlia Frida e il suo fidanzato, il Marchesino Carlo di Nolli, decidono di andare a corte. Accompagnati da uno psichiatra incaricato di studiare il caso. Carlo Cecchi dice che questa volta è intervenuto sul testo “in maniera molto più radicale” delle altre. Modificandone addirittura il senso. “Ho eliminato la causa clinica che in Pirandello c’è. Non è la commozione cerebrale che rende folle Enrico IV”.
Cos’è, allora?
“Lui sceglie di rimanere pazzo. Si sveglia dopo
l’incidente, osserva il mondo orrendo che gli sta intorno e capisce di non poterne fare parte. Meglio fingersi folle e continuare a recitare il personaggio che interpretava durante la cavalcata”.
Quindi, a differenza dell’Enrico IV di Pirandello, se non è mai stato pazzo non ritroverà la ragione. ”Tutti lo prendono per pazzo. Allora capisce che esserlo gli conviene. Si impone una continua rappresentazione. Cancella la vita, sceglie il teatro. Per il teatro, dentro il teatro, impazzisce. Non ha scampo. Continua a fare quella recita che dapprima è una tragedia. Poi, quando l’identificazione con il personaggio è assoluta, da tragedia diventa farsa”. Sceglie il teatro perché il mondo che vede non gli piace. Autobiografico? ”Chissà”.
“Ridiamo alle spalle di chi ci crede” dice Enrico IV. Sono rimaste, nel suo adattamento, le frasi celebri del dramma? ”Quasi tutte, anche se la mia riscrittura è stata piuttosto drastica. Ho alleggerito, modernizzato. Molto tagliato. Sarà un atto unico, e non tre. Non più di un’ora e quaranta. Ho cercato di dare a Pirandello un linguaggio da teatro più contemporaneo”.
Che cosa è sparito? Che cosa è rimasto?
“Nulla è sparito, ma i lunghi monologhi sono ridotti in maniera estrema. Pirandello scrisse Enrico IV nel ’21, pensando a Ruggero Ruggeri, uno dei più famosi attori dell’epoca.
Parlano, parlano, parlano. In maniera pesante, filosofica. Il bellissimo discorso sulla pazzia è ovviamente rimasto. Così come tutti i personaggi. Quando ci si allontana troppo dal testo, uno dei quattro servitori – Ordulfo, che è Dario Iubatti – ha il compito di rettificare. “No, Maestà” dice, e ricorda l’originale pirandelliano. Durante le prove cambiavo il testo tutti i giorni. Un vero work in progress. Non è stato facile per gli attori”.
Non teme critiche? “Tutte le volte che ho fatto Pirandello si sono scatenate polemiche. Ci faccio poco caso. Trovo che sia giusto ridare nuova vita a un classico”.
Con Shakespeare non l’ha mai fatto. ”E non lo farei. Però ho sempre avuto bisogno di una nuova traduzione. Garboli, Cavalli… di una nuova grande traduzione. Altrimenti non avrei potuto metterlo in scena”.
Nel dramma di Pirandello alla follia segue il tema, meno dominante, dell’invecchiare. È rimasto nel “suo” Enrico IV? ”Non è un tema centrale, ma c’è. È accennato nel primo atto… i capelli di Matilde: “Certo non ve li tingete per ingannare gli altri né voi, ma solo per ingannare la vostra immagine davanti allo specchio”. L’imperatore dice di non riconoscerla più e si butta sulla figlia. Il tema è più forte nell’orrendo terzo atto, l’ultimo”.
Orrendo terzo atto? “Orrendo, è noto. Il mio adattamento finirà con una sorpresa che non voglio svelare”.
No Comments